Enologica2015 dal punto di vista di Franti – parte 2

(segue dalla prima)

Archiviata la degustazione, congedatami dal compagno di banco che mi passava i compiti con i risultati delle equazioni sulle percentuali di Trebbiano toscano e Fiano presenti nel Montefalco bianco Caprai 2014, finalmente vengo raggiunta dall’amica che ha avuto il cuore non solo di accompagnarmi, ma soprattutto di aspettare, fotografando in vari momenti di lavoro i validi sommelier che ci hanno sopportato per la durata della riunione.
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Ci uniamo al capoclasse Antonio Boco che è in compagnia di Giampaolo Tabarrini e già mi sento tutti i friccicori addosso, un po’ perché nonostante la degustazione prevedesse il consueto panierino che tampona il vino bevuto, naturalmente io non ne ho approfittato; un po’ invece perché Tabarrini è il produttore di Adarmando, il Trebbiano che mi ha conquistata senza fatica. Uno che fa un Trebbiano così, sarà mica antipatico.

E se lo fosse? Se fosse uno di quei personaggi che per avere più carisma e sintomatico mistero, usano a sproposito i piuttosto che e i quant’altro tanto per darsi un tono?

Boh, comunque Antonio e Giampaolo ci invitano a prendere un aperitivo in un wine bar dove sono attesi da altre persone. Ci uniamo.

Veniamo accolti da due amici di Boco e da Federica, moglie di Giampaolo, assieme al suo export manager Daniele Sassi. Si capisce che i nostri ospiti hanno intenzioni serie: vengono stappate numerose bottiglie di Cervaro della Sala 2013, e persino la mia amica semi astemia viene coinvolta in una robusta sequenza di brindisi senza nulla da eccepire.

Ho riletto, sì c’è scritto numerose, ho scritto bene. Se ci ripenso mi commuovo.
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Diventiamo tutti amici per la pelle e decidiamo di proseguire la serata insieme. Giampaolo e Federica sono di Montefalco, e come la loro terra sono due persone estremamente gentili,dirette, generose e amichevoli. Non è stato difficile aprirci l’uno con l’altra anche se sarebbe scontato ironizzare sulla gradazione alcolica delle nostre conversazioni.
Inoltre sono grandi amici di Sabino Loffredo (Pietracupa per i profani), il che la dice lunga sul carattere di questa coppia.
Il Montefalco Rosso scorre a fiumi tra una portata e l’altra, e nel torpore delle chiacchiere non posso fare a meno di notare quanto sia confutabile la teoria secondo la quale le donne di quest’area geografica dell’Umbria siano notevoli. Non potendo fotografare le tavolate di gaudenti, ho rubato un dettaglio che la dice lunga sul temperamento delle locali che, nonostante la pavimentazione sia composta da sampietrini in pendenza, riescono con fierezza a indossare scarpe comode e sobrie:
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La serata si conclude senza proclami alcolici, ma con la seria intenzione di trovare un piccolo appartamento nel centro di Montefalco dove io e la mia amica possiamo rifugiarci quando abbiamo bisogno di riallineare il karma senza l’aiuto della psicoterapia.

Il giorno successivo si è affacciato senza troppi drammi da bevuta (segno evidente che i vini erano eccellenti), e con la viva intenzione di colonizzare Montefalco per la seconda volta.

Tralasciando gli impegni istituzionali come la lezione tenuta da Philippe Daverio e le degustazioni sul Sagrantino nel mondo presentata da Jacopo Cossater alla quale ho abdicato a malincuore, mi sono presentata solerte come un soldatino pronta ad adempiere al compito richiesto, ovvero l’aperitivo con i produttori.

Che è stato come quando si va alle cene di fine anno scolastico, dove si scherza con tutti quelli che già si conoscono, e si parla con i compagni di classe più riservati in un clima disteso e curioso; qualche primadonna da schernire a voce bassa, il solito gioco dei ruoli e nulla più. Per il dovere di cronaca mi sono immolata, sacrificando il fegato per testare quanti più vini riuscissi ad assaggiare.
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Ho molestato il valido Francesco Zaganelli, export manager della cantina Lungarotti con il quale mi do volentieri di gomito durante gli eventi istituzionali, intraprendendo discorsi arditi che per dovere di amicizia mi impongo di non scrivere, ma che ci fanno somigliare nostro malgrado ai due loggionisti del Muppet Show, dove io vengo impersonata da quello con i baffi. muppet
Solo una cosa è riuscita a infastidirmi come poche: la marching band che sparava a tutto spiano musica funk non richiesta, interrompendo continuamente il dialogo con l’interlocutore; stesso fastidio di un dito puntato sul costato che pigia con cadenza regolare mentre una vocina querula chiede attenzione “senti, senti, senti?”.

E come bottino mi sono portata via Giusy Moretti, della omonima cantina. Con lei ho chiuso la serata con l’impressione nemmeno troppo nascosta che al nostro prossimo incontro ci sarà da divertirsi.
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Insomma, descrivere Enologica come se fossi un addetto ai lavori non fa per me. Però mi sono divertita tanto, ho parlato con tutti per via del vino o malgrado i troppi calici. Chissà se mi leggerà quel signore con il quale ho condiviso il banco. Quel signore, sappia che è stato molto garbato.

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