Hard Christmas

Sono lontani i tempi spensierati quando il Natale lo festeggiavo così, senza arte né parte e a rileggermi mi si stringe il cuore, perché allora ero una crisalide e adesso, mentre tutti gli altri si trasformano in farfalla io sono diventata un falenone, e con l’upgrade raggiunto sopravvengono nuove responsabilità, obblighi sociali e tante cose che non ho voglia di fare ma devo.

Saranno feste riflessive e intime.

Il mio pensiero va al povero Babbo Natale, alla sua malcelata cirrosi. Dovrebbe fare qualcosa anziché sottovalutarla come sempre. Chissà come era da giovane. Lo immagino alto, con i colori del nord: pelle chiara, capelli biondi, voce aperta e risata gioviale e contagiosa; irresistibile. Quale sia stata la causa che lo ha portato a prendere la via dell’alcol senza freni, non è dato saperlo. Un amore finito brutalmente, oppure un torto pesante commesso suo malgrado. Forse alle spalle ha una colpa più grande di lui, che lo spinge a fare del bene compulsivamente e tutto in una botta sola nel disperato tentativo di pareggiare il suo peccato mortale, e per dimenticare tanto dolore ha deciso di darci dentro con le bibite gassate, che in realtà sono corrette al rum. Probabilmente di pessima qualità.

Alla fine saranno problemi suoi, è da un pezzo che non passa a trovarmi nonostante le insistenti richieste miratissime su ciò che mi aspetto da lui (e cioè che prima passi in qualche cantina proibitiva per poi fare a metà del bottino), perciò ho smesso di interessarmi alla sua salute così come lui sta facendo con me e vediamo chi vince.

Mentre tento di capire che direzione dare a questi giorni, quando l’unica strada da percorrere è quella che dalla cucina conduce alla tavola, guardo con tenerezza le mie bottiglie che crescono robuste e sane e nella mia testa spunto i vini che sacrificherò dividendoli in tre gruppi: quelli di cui mi voglio disfare, da stappare durante le visite di cortesia ; quelli da condividere con la famiglia a tavola, e –finalmente- la selezione da venerare con i maniaci disturbati come me, perché nel carnet delle amicizie vanto qualche suonato che scalpita per fare a  gara di figurine bottiglie.

Quest’anno anche le mie protette sono più buone, perciò ho deciso di onorare alcune annate di Montepulciano d’Abruzzo del grande vecchio che lo sa fare così bene, e consistenti bocce di sciampagneria biodinamica prodotta da signore segaligne e motivate; una predilige il pinot noir e l’altra signora il meunier. Così ogni bottiglia sarà diversa dall’altra nonostante le etichette siano le stesse per ogni tipo, e chi s’è visto s’è visto.

Credo, anzi sono convinta che l’unica cosa da fare sia rilassarsi, parlare tanto, tantissimo con chi si ama. Cercare di ridere delle debolezze proprie e altrui che in altri momenti  dell’anno ci fanno uscire il fumo dalle orecchie, e se l’aria si fa tesa bere a cuor leggero, ma bere bene. Giocare con i bambini, e se non se ne hanno di propri, godersi la nipoteria acquisita. La risacca post-prandiale consente di addolcire gli animi e tenere botta ai capricci più fastidiosi. E se l’aria si fa pesante, bere a cuor leggero ma bere bene.

Diamoci dentro con le cose che durante l’anno si devono fare con oculatezza e non lesiniamo il tempo da dedicare a chi si vuole bene perché, come dice una mia amica, tanto tutto il resto finirà nelle discariche delle fogne. Come lacrime nella pioggia.

Buone feste.

 

 

(foto presa in prestito al sito The Kitsch Bitch, fonte di grande ispirazione)

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