Il pelo nell’uovo – a cena con Parisi

 

Non so come, ma si è sparsa la voce che sono una magnona. E per questo sono stata invitata da una persona di buona volontà, ovvero Michele Pidone chef e proprietario del ristorante Lampone, ad una cena intitolata “Apoteosi d’autunno”; un nome evocativo per una serata dove le regine del desco sono state le uova e le patate.

Come non trovarmi d’accordo.

Per l’occasione ho incontrato un vecchio amico dei tempi dell’università, Gae Saccoccio in barba, baffi e faccia da italiano;  per fortuna c’era lui altrimenti mi sarei dovuta contenere: fossi stata sola, per darmi un tono con gli altri commensali mi sarei trovata a cincischiare i piatti serviti e sottolineare con il sopracciglio alzato quanto la composizione del cibo fosse precisa ed equilibrata. L’ho visto fare in televisione, dice che per avere autorevolezza tocca far così.

Dunque mi sono trovata seduta tra Gae e Paolo Parisi, che vive di luce riflessa delle sue superstar, ovvero le uova di galline livornesi nutrite a cereali e latte di capra -che vista l’attenzione e l’amore che ripone nelle bestiole, quasi gli volevo chiedere un affitto a canone agevolato presso uno dei suoi pollai: vita sana, cereali e latte. Cosa chiedere di più.

Mentre i piatti venivano serviti, non ho potuto fare a meno di notare come il vino sia diventato la naturale evoluzione della raccolta di figurine Panini. Ascoltavo un commensale rilanciare l’assaggio di un Rosso Riserva dei Conti Tacchia contro una bottiglia suprema di Chateau “Maison Derrière” Grand Cru declamata dall’avversario, stoppato dal vicino di tavola che con un doppio passaggio incalzava la bottiglia di Tenute Pitussi 1985 che incredibilmente  conservava intatto pure il colore, mai come la bottiglia sciabolata dal capotavola, un autentico Skatolon vigna vecchia fermentato tra le cosce delle vergini per due mesi,  dribbla Carusio che passa a Tardelli, Musella Antognoni Zaccarelli ECCO LE UOVA.

Cotte a bassa temperatura. Con crema di patate e tartufo bianco, spinaci croccanti.

Per me il racconto può finire qui, o rischio di commuovermi ancora.

A fine serata, ho preso congedo da tutti con grandi sorrisi, ringraziamenti per lo chef Michele, per la pazienza avuta e per la saggezza del suo invito che ho onorato con serietà,  sacrificando la dieta che millanto da settimane e che non mi decido a fare e forse non farò mai.

E quando sono uscita, e ho incontrato Parisi che si stava rilassando nel dehor, gliel’ ho detto.

Gli ho detto che le sue uova sono migliori delle mie, ma spero che non abbia capito.

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Io che non sembro io, con Gae e Daniele, collezionisti di figurine Panini.
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Paolo Parisi e maestranze, intento a cuocere un uovo con la sola forza della persuasione.
lampone
Dalla cucina alla sala.
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