La spesa sessuale.

Riesco a riconoscere dopo pochi secondi la persona che si prepara per una cena dai suoceri o con gli amici da quello che prevede un match all’ultimo sangue con la propria compagna. Il primo è dimesso e intimorito, ha le orecchie basse e la voce monotona; nel secondo caso invece trionfa stampato sulla faccia un sorriso da figurine Panini: si prevede seratona all you can eat all’ultima boccia e collasso da distillati, a seguire silenzio stampa delle rispettive mogli-compagne e sciopero del sesso per dieci giorni minimo. L’ultimo tipo descritto trasmette dallo sguardo gonfio di testosterone un certo friccicore che bisogna evitare con cura o c’è il rischio di cadere nel pantano di allusioni e doppi sensi, talmente doppi che mi immagino le situazioni descritte dal protagonista come se le vedessi attraverso il buco della serratura. Sarà il retaggio cinefilo che mi porto appresso, ma io le situazioni un po’ così me le immagino sempre filtrate dal buco della serratura. Una gioventù passata a spiare i culi insaponati delle soldatesse o delle insegnanti in collegio mi hanno resa la donna di mondo che sono. Ah, i grandi classici della cinematografia italiana!

Poi c’è lei, la cliente seriale.

Sulla trentina, pallida, esile e con i capelli ricci, viene ogni martedì verso la chiusura. Mi rapisce per il tempo che rimane, e ogni volta mi ritrovo a snocciolare come l’Ave Maria tutte le cantine che sono presenti in enoteca decantando le uve di cui sono composti certi vini, la qualità delle annate e aneddoti simpatici sui vignaioli se ne sono a conoscenza; se non ne conosco, improvviso come se fossi Walter Chiari, ma con più baffi.

Dice che fa gli acquisti perché attende il momento propizio.

Propizio per cosa, non lo so né voglio sapere ma la mia fantasia si scatena sovrapponendo immagini di sabba frenetici con le gattare attempate lungo i giardini del centro storico della città, a cene di lavoro ultra impostate dove è necessario esibire padronanza del congiuntivo e buona conoscenza della tabellina dell’8, finendo – come plausibile – al classico dei classici, un pasto consumato con qualcuno a cui si tiene molto.

Oggi si è presentata in anticipo rispetto al solito, e oziando per gli scaffali mentre io ero presa da altro, mi dice con noncuranza che le piace venire in enoteca perché con me può fare la spesa sessuale.

E all’improvviso, l’epifania.

Ho realizzato che anni di studio e fatica (soprattutto per il mio fegato) per avere quel po’ di autorevolezza  che credevo di possedere, a nulla valgono di fronte al ruolo di Maria De Filippi quando il tronista è, per esempio,  una bottiglia di Faro Bonavita.

Almeno spero si sia divertita alla grande.

 

 

 

Immagine presa in prestito da questo divertente blog.

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