A che punto eravamo rimasti?

Settembre, l’uva è pronta e Sara pende.

Settembre è il mese che segna la venuta del nuovo anno. Si fanno proclami, si stilano liste di cose da fare sognando nuovi progetti, le idee fermentano come succo d’uva sollecitato dai lieviti. Eppure questa volta non riesco a programmare nulla: nessuno slancio né pensiero bello al quale appigliarmi per resistere alle giornate, di certo più corte ma infinite. È un continuo aggiustarmi dentro qualcosa che capita contro la mia volontà, una fatica bestiale, un sentimento di resa, passivo anziché propositivo. Mi chiudo alla vita che si affaccia, la respingo senza sforzo; lo sforzo semmai è opposto, cioè tentare di provare una forma di entusiasmo per le cose che accadono e che mi coinvolgono.

Ricordo quando si pensava che il 2016 fosse un anno infausto. La gente famosa moriva, e ci si lamentava di quell’annata così crudele, quasi fosse un’epidemia. Il tal attore è morto di Duemilasedici, eh, pure la rockstar, ma il Duemilasedici non ha risparmiato nemmeno il politico, mado’ che iattura questo Duemilasedici, speriamo non sia contagioso. Invece si muore anche di Duemiladiciotto: per quello che mi riguarda se ne sono andati pezzi di cuore, poi  alcuni amici, infine persone incrociate una sera, per poche dense ore, con le quali si è parlato intensamente di poesia e calembour – mai di lavoro – lasciando dentro di me un segno indelebile.

Fortunatamente il  vino mi obbliga a tenere la schiena dritta anche se dentro ci sono un bel po’ di macerie.

Come stai?

Benissimo!

Solo convincendomi che tutto sia al proprio posto riesco a fronteggiare quei clienti indecisi che vogliono un vino bianco più a Nord e un vino rosso più a Sud (di Paperino, suppongo), quelli che lei non sa chi sono io, quelli che chiedono un Rosso di Monfalcone, quelli che invece devono fare un regalo importante, chessò, una bottiglia di sciampàgn o un buon prosecco, quelli che vogliono lo sconto prima di scegliere la bottiglia.

Il fatto è che credo di aver contratto una lieve forma di Duemiladiciotto e mi sento convalescente. Mi sto curando e ne uscirò, confidando in un settembre lieve, che non mi affatichi. Sono in riserva, e quel filo di gas che mi permette di andare avanti lo destino a chi mi chiede la differenza tra il metodo champenoise e lo Chablis.

Giuro che succede.

 

 

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