Aiuto! Sono diventata una botte di terzo passaggio.

[ Dedico questo post quasi celebrativo alle donne della mia famiglia, scusandomi con quelle che non ho menzionato ma che ci sono. Mi sono svegliata di buon umore, sarebbe un peccato non approfittarne. Mi dispiace se si percepisce un po’ di autoreferenzialità: in verità vorrei che quanto scritto possa essere di conforto a chi non sta passando un buon momento. Vabbe’ la sto facendo troppo lunga]

Era tutto così evidente, talmente evidente che non è stato possibile notarlo.

Nella mia famiglia, le relazioni funzionano se e solo se lui non è del posto. Meglio addirittura se straniero. Ancor meglio se straniero che proviene da lontanissimo.

Come fu  per le zie che si sposarono con uomini venuti da lontano, Germania e Bulgaria quando solo pronunciare il nome di queste nazioni provocava sconcerto, così è stato per mia madre che fu sradicata da Milano –Alzaia Naviglio Pavese per essere rinvasata temporaneamente a Catania, poi a Perugia dove ha potuto mettere le radici con mio padre. Pure le mie sorelle hanno seguito involontariamente la corrente di famiglia: una, dopo due grandi amori – un milanese di Milano e un irlandese di Dublino- si è sposata con un polacco di Lublino (pensate che fatica le è costato non confondersi); l’altra invece, più furba, se n’è andata in Nuova Zelanda con un kiwi più giovane di lei.

Poi sono arrivata io, l’ultima della cucciolata. Io ho contravvenuto negligentemente alla regola aurea di questa famiglia andando a convivere, poco più che ventenne, con un autoctono. Di gran cuore ma pur sempre autoctono, e poi eravamo giovani: che ne sapevamo della vita? Mica era come ai tempi dei nostri genitori, abituati a guardare il mondo con un paraocchi che permetteva solo una visione parziale. Noi eravamo curiosi e spregiudicati. Come un vino messo ad affinare in una barrique di tostatura intensa, lui ha ceduto troppo di sé mentre io ho preso tutto, perdendo in parte il mio sapore per acquisire tutto il legno di cui non avevo bisogno. Non ero più in grado di sentirmi autonoma e capace di scelta, tanto ero subordinata. Certo, si trattava di un eccesso di protezione ma per me era letale.

Dopo questa esperienza, passato poco tempo dalla rottura ho conosciuto l’altro. Recidiva –repetita non sempre iuvant-  anche questo era un nativo, ma di modi aperti. Troppo aperti.

Per favore, potresti aprirti un po’ meno che mi fai soffrire?

No, non era proprio possibile. Anzi, siccome di passaggi di vino lui ne aveva fatti tanti, ha ritenuto opportuno farmi fare un bel bagno di chips di legno per cancellare definitivamente quel po’ di aroma varietale che mi era rimasto. Niente batonnage: le fecce non rimosse, depositate sul fondo dell’anima hanno guastato irrimediabilmente una relazione che tenevo unita per sola mia volontà.

Io non ero più io. Non mi riconoscevo più, ero altro e stavo male. Malissimo.

E mentre tutto questo accadeva, sono stata accolta e curata dalla mia famiglia, da chi è vicino e da chi ha fatto tanti chilometri perché vive agli antipodi, mentre in cuor mio pensavo che tutto questo era dovuto al fatto che non avevo onorato la tradizione di famiglia, non avevo messo il naso fuori dal letargico panorama cittadino.

Nel frattempo proprio grazie alla famiglia, dopo alcuni anni faticosi sono tornata ad essere io. Un paio di passaggi sbagliati in botte non possono rovinare un patrimonio genetico fatto di donne non ordinarie, con una vena di follia che prima fa capitolare, poi fa maledire e infine lega indissolubilmente l’uomo che cade nelle spire di tanta matteria.

E in questo periodo passato a ricostruirmi, mi sono arresa all’idea di essere diventata un tonneau di terzo passaggio: la mia natura non è quella del vino da affinare ma del contenitore da affinamento! Perché sono in grado di contenere più amore, tristezza, sconforto, euforia, rabbia e felicità. E cedo meno di me, ma quel tanto che basta a rendere al meglio la sostanza custodita e l’equilibrio di una relazione. E tutto questo il mio compagno, che vive lontano dalla mia città, lo sa.

Questo è il mio augurio a tutte le donne che si trovano dentro il contenitore sbagliato. Non abbiate paura: diventare botti non sempre ha un significato catastrofico.

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