Chi ha tempo può perdere tempo, io no.

Sono finiti i tempi in cui un vino mi piaceva o non mi piaceva affatto; riaffiorano ricordi dolcissimi nei quali se il vino era di mio gradimento, la bevuta scorreva liscia senza troppi sofismi.
Allora ero pura!
Ora che il mio palato si è smaliziato e ho cominciato a sbagliare da professionista, so di aver perso quella freschezza. Ogni bottiglia stappata diventa un banco di prova dove il liquido viene esaminato con cura: colore, olfatto, gusto; tutte e tre le cose insieme, poi ancora olfatto indugiando un altro po’ con l’assaggio, è corretto ciò che comunica il profumo rispetto al sapore? Mille chiacchiere e altrettanti pensieri sul nulla, assaggi e valutazioni, quasi nessun sorso compiuto come atto meccanico o puro appagamento; si analizza ogni cosa, e la bevuta mi affatica un po’, ma so per certo che se non facessi tutta questa pantomima ogni volta che stappo una boccia, non mi sentirei a posto con la coscienza.
Eppure questa ragionevole consapevolezza mi permette di arrivare ad una conclusione del tutto personale: non ho più voglia di aspettare.
Non ho voglia di aspettare vini che fanno i ritrosi, che c’è bisogno di tempo, che devono essere capiti, che non è il momento giusto; vini che chissà tra dieci anni come sarà questa bottiglia, è troppo presto per stapparla, adesso scalpita ma tra qualche anno sentirai!
Non ho più voglia di mettermi giù a spendere tempo e interpretare vini, persone, situazioni che hanno tutti i migliori motivi per non rivelarsi subito per come sono nell’essenza.
Non ho più pazienza, non ho più energie, mi manca la voglia.

Sbaglierò?
Può darsi, ma se mi si taglia un braccio e si contano gli anelli, so di aver raggiunto l’età giusta per iniziare a dire di fronte a una cosa troppo complicata grazie, non mi interessa.

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