Il rischio di essere felici.

Il punto è che mi piacerebbe che la mia passione per il vino diventasse una professione, e che da sempre Roy Ayers mi ha portato fortuna.

Ma partiamo da Roy Ayers.

Questo signore dall’espressione gioviale e dal sorriso irresistibile ha l’età di mio padre, e come lui è del segno della Vergine. Quando ho lanciato il mio primo grido al mondo, Roy e mio padre avevano quasi  35 anni e condividevano baffi simili. Erano fichi, come si era fichi negli anni 70: magrissimi e con tanti capelli crespi, occhiali a goccia e abiti striminziti.

baffi
Roy Ayers è sempre stato presente nei momenti delle decisioni epocali: la sua musica motivava le mie scelte di pancia, dandomi lo slancio e la positività necessaria per affrontare i pericoli di chi lascia la strada vecchia per la nuova. Mio padre da sempre nutre immeritata fiducia nelle mie capacità, anche se non lo dà a vedere volentieri, credo per mantenere l’autorevolezza del ruolo che gli è toccato.

La prima volta che ho visto dal vivo Roy Ayers era l’estate del 2008 e lui suonava a decine di metri da me. In quell’anno io mi stavo congedando da una storia decennale, una vita nuova di zecca si apriva davanti ai miei occhi e forse si affacciava la prospettiva di un lavoro confacente agli studi universitari. Roy non faceva che ricordarmi di quanto è gustosa l’estate, che ero in cima al mondo e tutti potevano vederlo, che stavo cercando la cosa giusta e che forse –finalmente- si stava schiudendo il terzo occhio (bell’ immagine: ricordatemi così). Parallelamente mio padre, dopo un lungo silenzio dei suoi,  approvava le mie scelte senza riserve.

Ieri Roy non poteva sapere che incontrarlo in una cantina di Montefalco a sette anni di distanza, avrebbe causato un nodo spaziotemporale che lega uno dei luoghi che preferisco (quella cantina) con la mia passione più grande cioè il vino, in compagnia dell’uomo che amo e che mi era accanto.  Suonava così vicino a me che avrei potuto toccarlo, quella specie di papà newyorkese dal sorriso irresistibile che conosco sin da bambina e che mi ha sempre portato fortuna.

A giudicare dalla piega che ha preso la mia vita nel 2008, il rischio che corro dopo quest’ultimo incontro con Roy Ayers è di riuscire davvero a lavorare con profitto nel mondo del vino, magari senza troppi scossoni nella vita privata. Mio padre, anche se da tempo ha tagliato i baffoni  a manubrio, è lì che mi osserva e fa sì sì con la testa. Serio e compiaciuto. Certo è un rischio grosso, quello di provare ad essere felici.

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