Il teorema di River Phoenix

L’occasione che mi porta a riflettere sulla fugacità della vita è la strada che percorro in auto per andare a una degustazione presso la cantina Roccafiore di Todi; non è un caso che sia il fiore all’occhiello della produzione vinicola della strana regione in cui vivo.

Mentre guido dentro una pioggia densa e sporca, in radio passa 1979 degli Smashing Pumpkins. In quel periodo tirava parecchio la teoria del live fast die young and leave a beautiful corpse; infatti parecchi ficoni dell’epoca (uno tra tutti, River Phoenix) hanno lasciato le penne nel buono degli anni grazie allo speedball. Noi che apparteniamo alla fascia medio bassa, invece, siamo sopravvissuti agli eccessi di quel decennio nichilista indossando la canottiera lana fuori – cotone sulla pelle mentre guidiamo l’auto con auricolare e cintura di sicurezza, in una giornata più vocata al plaid che ai pellegrinaggi in cantina.

La degustazione a cui sono stata chiamata a partecipare è anche un pretesto per presentare una nuova etichetta: il Fiorfiore R*****a 2014 – sì, è stato chiamato proprio così. Una specie di tonico, vivo teso e vibrante. In pratica, il produttore è riuscito a creare da un’uva un po’ difficile da lavorare (il clone G5) non solo per le rese abbastanza basse, ma anche per i vini dalla vita fugace e non particolarmente memorabile per struttura, profumi e persistenza, un vino dalla marcata territorialità, dagli aromi varietali decisi e chiari, affilato e sapido come pochi. Un vino che fa salivare appena si accosta il calice al naso, per essere più precisi. In un sorso, ho dovuto rivedere tutto quello che ho sempre pensato del grechetto, compresa vita veloce e la caducità dei profumi. Il teorema di River Phoenix è stato ribaltato con una vigorosa spallata: il grechetto può invecchiare, e lo fa rimanendo ragazzo.

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