La felicità prêt-à-manger

Si devono superare le correnti gravitazionali e tutte le fasi di trasformazione da crisalide in Super Sayan; uscire indenni da svariati anni del coglione che fanno da compendio a rapporti vacui e inutili perdite di tempo; contare gli anelli concentrici che sedimentano nelle cosce come una pelle che si rinnova anno dopo anno, conseguenza del cibo ingollato senza fame per riempire gli spazi vuoti dello stomaco e nel cuore; tagli di capelli improbabili che gridano aiuto al mondo; tensioni emotive che non si possono proprio spiegare perché le parole conosciute non sono sufficienti; pianti solitari in letti a due piazze, che anche se non si dorme da soli si è soli in due; faticosissime notti issate su dolorosi tacchi a mettere in mostra ciò che il mondo vuole vedere perché il nòcciolo nero custodito nell’involucro scintillante fa paura persino al legittimo proprietario, nella vana speranza che il meglio deve ancora venire, per arrivare a capire – dopo svariati ed evitabili giri di vite – che l’unica vera felicità consiste nel tornare a casa dopo un’ ordinaria giornata di lavoro e trovare qualcuno che ha cucinato il risotto al radicchio per te.

Però il vino lo metto io: Luigi Tecce Poliphemo 07, che più che un vino, è un pezzo d’uomo. E di uomini c’è sempre bisogno.

 

 

(Questa è l’unica foto che sono riuscita a fare a Luigi Tecce quando sono andata in cantina; c’entra poco con il post ma non fa nulla)

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