Le mie peggiori amiche.

Archiviate le mollezze estive, l’anno nuovo ha inizio.
Mi ritrovo a cercare con insistenza le compagne di bisboccia realizzando che mi piace bere con le donne.
Anzi, preferisco di gran lunga la loro compagnia a quella maschile quando voglio aprire qualche bottiglia.

Di professioniste del bicchiere ne vanto un dignitoso palmares. Di solito per le bevute serie, quelle da artiglieria pesante da ingollare col mignolino all’insù, ricorro a Maria Vittoria e Marta. Loro sono belle, spregiudicate e soprattutto sono sommelier. In mezzo a quelle due mi sento al sicuro; saprebbero trovare qualcosa di interessante anche nel descrivere la sciacquatura dei piatti, rendendola quasi appetibile per la proprietà di linguaggio che hanno in dono. Conoscono la sottile liaison che lega una bottiglia di grande qualità al parlare più becero che ne causa il vino contenuto.

Con regolare frequenza invece, ho bisogno di riunirmi con le novizie del calice, ovvero quelle amiche con le quali sperimento nuove bottiglie. Di solito si inizia la sessione spinte dalle migliori intenzioni: senti qui, che sapidità! Questo fermenta in anfora, la senti l’anfora? La senti? Sentila.
A seguire, partono simposi che non hanno mai nulla a che fare con la commiserazione tipica del genere femminile alticcio. Raramente si tocca l’argomento uomini, spesso invece ci si apre alla trasversalità partendo da spunti improbabili. L’ultima volta ad esempio, è bastato sentire 99 Luftballons dalla radio in sottofondo per discettare della grandezza economica del popolo tedesco, diventato così forte perché forgiati all’abnegazione e al sacrificio grazie ad anni di BDSM di cui sono campioni indiscussi. Il fatto che sul tavolo trionfassero più bottiglie che bicchieri è un dettaglio trascurabile.

A bere con le donne c’è meno ansia da prestazione (mai locuzione fu più calzante); non bisogna stare attente perché alla fine il vino va a finire tutto lì, e se poi ti trovi a bere con uno poco più che interessante, a fine serata potresti fare scelte che pagheresti il giorno dopo con sonori sensi di colpa e la vocina in testa che sibila ma che hai fatto! Oddioddio che hai fatto, cretina.
Di questo ne parlerò più avanti e altrove, ora vado a correre che devo smaltire i regali non richiesti che il vino generosamente cede ai miei fianchi ad ogni incontro.

 

Nella foto in basso, cena tra socie: acciughe del Cantabrico con l’unico scopo di estinguere questa specie, pane burro e una bottiglia di Trebbiano Rabasco.
La cotidiana del lavoratore.

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