Piccolo racconto di un pranzo domenicale – storia con morale

Mattinata ventosa, che si fa? Si va a mangiare fuori. Partiamo in tre, meta stabilita: una colorata osteria di Foligno, il titolare è un amico caro.

Damiano ci fa una gran festa, la locanda è piena e ci fa sedere accanto ad un tavolo presidiato da cinque persone. Le donne del tavolo vicino al nostro spiccano per bellezza e alterigia, io mi sento quasi in difetto.

Quel Damiano che non è altro, per omaggiare questo cognome che porto mio malgrado, inizia a declamare a gran voce le mie presunte qualità di narratrice di bevute, ma io so che questo è solo un pretesto per aprire qualche bottiglia a cui tiene e che pochi ordinano. Dunque arriva al tavolo tutto scodinzolante con un una bottiglia di Vitatge Viehl de Lapeyre Jurançon Sec (non ricordo l’annata), stappandola con studiata solennità.

Nel  tavolo accanto al nostro cresce la curiosità, forse stiamo esagerando in ooooh e aaaah da gradimento. Mi sembra doveroso offrire un giro di bicchiere di fronte a tanta attenzione.

La signora più agée, una donna bionda e brillante assaggia concentrata e dopo aver deglutito esclama pimpante: “buono! È marsalato. Io ci farei le scaloppine, si possono fare le scaloppine con un vino così?

Damiano trasecola, accenna un sorriso cortese e infine ammutolisce, mentre io prendo coraggio e le racconto un aneddoto letto da piccola nei giornali scandalistici che mia nonna aveva in casa, STOP per la precisione. Durante quelle letture, le dico, ho appreso una cosa molto importante per la mia formazione: Christina Onassis, quando mangiava cibo direttamente dalle mani, usava pulire le dita unte sulla propria camicia di seta.

La morale, signora, è che ognuno può fare ciò che desidera con quello che vuole; basta averne coscienza.

 

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