Pubbliche vergogne e virtù private.

Alle esperienze ci sono sempre arrivata con l’ultimo treno disponibile.
O meglio, per dirla nel modo giusto, potrei definirmi una vendemmia tardiva.

Ho scoperto il vino tardi, molto tardi nonostante la mia famiglia vanti un quarto di sangue veneto. Ricordo che la prima volta che bevvi un prosecco fu a ventidue anni, qualche minuto prima di entrare in un club. Fu il mio amico e mentore* a imporre quel bicchiere troppo gassoso, e bevuto tutto d’un fiato mi sentii la regina di Saba: perfetto per una notte spesa a ballare.

Una volta rotto il fiato, sono seguite bevute più o meno scomposte. Siccome ho iniziato negli anni ’90, il vino non era tale se non aveva un gusto rotondo e non si sentiva la barrique, perciò mi sono irrorata di vinoni ultramaturi e marmellatosi, prevalentemente Merlot -se bevevi altro non eri nessuno, alternando abusi di grappa interrotti alla nascita per incapacità contenitiva del mio fegato (si narra che dopo un solo bicchiere, in una notte d’estate ballai un paio d’ore sul cofano della macchina del mio mentore, con l’autoradio a tutto volume, meritando l’appellativo di “regina del porno-soft”. Pare fosse un pezzo dei Massive Attack).

Fu un amore sbagliato a insegnarmi cosa si beve quando si beve bene; questo è l’unico merito che riconosco ad un uomo che ha lasciato solo brutti ricordi oramai definitivamente archiviati. Insieme giravamo per cantine e piccoli produttori del Nord-Est, e grazie a lui ho imparato a riconoscere odori che mai avrei associato al vino.

Da allora passo più tempo in enoteca che nei negozi di scarpe, e per la legge del contrappasso, ho un compagno che non trova differenze tra un orange wine e un bicchiere di diesel agricolo. E questo è un gran bene, perché lui è molto fiero di me quando abbiamo ospiti, e nel descrivere i vini posso sparare qualsiasi cosa mi dica la testa (compreso l’episodio del parcheggio) senza che mi si contraddica con tono da educatore. Senza contare che, con un paio di scarpe in meno e due bottiglie in più, faccio contento anche lui.

*Nonostante o proprio a causa del proseccaccio, io e il mio diabolico mentore – chiamiamolo confidenzialmente Omar – ci vogliamo ancora bene, ed è un grande amico del mio compagno.

1 Comment
Previous Post
Next Post
Shares