Uomini e degustazioni.

Non so voi, ma io –che per carattere sono portata a diffidare dell’abuso di alcune parole- non capisco il senso della degustazione. Nel significato più profondo, e declinato in tutti gli aspetti che il mio cervello sfinito possa immaginare.
A meno che non si tratti di specialisti che per professione si accingono a definire le qualità organolettiche di una materia prima, trovo che ultimamente ci sia un esubero di degustatori.

A giudicare dal sovraffollamento delle palestre, causa vizi estremi, direi che siano in pochi a degustare veramente. Sotto la falsa promessa della cena con degustazione, infatti, si ritrovano torme di affamati (solitamente ben vestiti, genere shatty –chic, occhialoni con montatura pesante e barba ben curata da nouveau philosophe) che sgranocchiano e suggono a quattro palmenti tutte le portate previste in programma, giustificati da chiacchiere oziose attorno al cibo presente sul desco rendendo la degustazione una metacena, ma sentendosi più fichi e meno appesantiti. E allora, perché nascondere la propria fame dietro questa parola che ingentilisce il desiderio di colmare un sano e vitale appetito?

Provare fame, semplice fame, fa così paura? E’ ancora disdicevole, in questo momento storico in cui possiamo soddisfare tutti i nostri capricci, avere un approccio con il cibo –e con la vita- diretto e soddisfacente?

Ho avuto a che fare con persone che parlavano di cibo con un entusiasmo del tutto esagerato, pari a quello che si prova quando la squadra del cuore vince il campionato; nella millenaria esperienza che ho maturato nel campo delle relazioni umane, trovo che gli uomini che si eccitano all’idea di andare a degustare in compagnia di una donna o di qualche amico siano i più sfuggenti, i meno propensi ad addentare una relazione, a masticarla, a nutrirsi della presenza di un’altra persona.
La degustazione non soddisfa, non riempie, non coinvolge; la degustazione è superficiale, non impegna, è fugace.

La degustazione è il corrispettivo alimentare delle storie di una sera. Date retta a me, che sono reduce da due giorni di bivacco estremo, e che mi reggo in piedi per scommessa.

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