Vecchio leone

Mio padre è nato mentre Hilter rinviava l’invasione della Gran Bretagna; è sufficiente questo per far tremare i polsi di fronte a tanta storia.
Non fosse per il fisico asciutto e agile, i capelli ancora grigi e ricci, il cipiglio dello sguardo ogni volta che gli parlo di lavoro e dei progetti che vorrei realizzare, più che un babbo mi sembra di avere a che fare con una sequoia.
Mio padre è nato ottant’anni fa e non è mai stato fermo a vivere la vita che gli capitava sotto il culo. Mio padre se l’è creata, una vita. E ancora va avanti con i suoi progetti, visto che ha appena terminato un trasloco che avrebbe sfiancato un trentenne, in un’età in cui la massima aspirazione è la visita dei nipoti e le chiacchiere coi superstiti sul tempo che fu. Mio padre è agile e ha gli stinchi sottili e i tendini lunghi, e mi chiedo da chi ho preso il metabolismo che mi trovo.
Mio padre ha avuto tre figlie, una che ha aperto la strada alla condizione di padre, sconosciuta prima di allora. Alla prima figlia è stata riservata la severità con cui i primi figli vengono accolti al mondo: ci si misura l’un l’altro e si sbaglia parecchio; nonostante questo, la prima figlia è diventata una donna dall’acume ineguagliabile e una capacità di espressione senza pari. Della seconda figlia, mio padre ha avuto l’impressione che le sarebbe sfuggita di mano per andare molto lontano, ed effettivamente il tempo gli ha dato ragione, dato che è finita in capo al mondo. Mio padre e la seconda figlia si sono sempre scontrati con studiata distanza; della seconda figlia mio padre ha sempre amato il grande cuore accudente, il coraggio e la sicurezza che a noi sorelle ce la facevano apparire come la regina delle sorelle stronze, quella col carattere, a cui i grandi perdonavano tutto. Un temperamento complicato e difficile da amare nell’immediato, eppure mio padre ha sempre subìto il fascino di quell’indole ribelle che si esprimeva con gesti estremi, caratteristiche che ritrovo nello sguardo che il mio compagno ha verso la sua secondogenita e che ogni volta mi suscita sensazioni note, con le quali non ho fatto ancora pace. Ora che la preferita di mio padre non c’è più, per noi superstiti abbandonate dalla più amata delle sorelle è uno strazio cercar di colmare questa assenza pesantissima.
Poi sono arrivata io, che dispensavo amore e sorrisi, la più viziata, quella che dove la si mette, sta. Ma deve essere successo qualcosa nella programmazione del mio percorso, dato che a mio padre ho riservato diversi casinetti da sbrogliare, paure inutili, scelte da biasimare. Ma mio padre è nato nel 1940 e si è forgiato durante la Seconda Guerra Mondiale, quelli delle figlie sono stati pruriti da grattare, più che casini da risolvere. Eppure mio padre non ci ha mai perse di vista. Spesso e volentieri con il cipiglio di chi biasima, giudicando; però poi non si è mai tirato indietro nel dare una mano e risistemare i disastri combinati, pur rimarcando con disapprovazione tutti gli errori che hanno giustificato il suo intervento.
Mio padre ha alzato irrimediabilmente gli standard di maschio di riferimento a cui noi tre sorelle eravamo abituate, ed è per questo motivo che abbiamo cambiato un sacco di fidanzati prima di trovare quello che più gli si avvicinava.
Ora con mio padre vanto un rapporto di tutto rispetto: solo lui ha il permesso di trattarmi come un’ amica di vecchia data alla quale si dice che alla fine non aver avuto figli è una gran botta di culo, meno pensieri e meno dolori facendomi sentire contemporaneamente sia un peso che una confidente fidata, e allo stesso tempo, con la medesima leggerezza, farmi presente che ho messo su un po’ di chili si vede che sei in salute, eh? Si vede! Mio padre è l’unica persona che può dirmi una cosa del genere senza prendersi una cinquina in faccia.
Mio padre non si è mai annoiato, ha sempre avuto un progetto da realizzare, un obiettivo da perseguire. Si è sempre creato le giornate anche quando le giornate non avevano molto da offrire.
Non so che compagno sia mio padre, immagino abbastanza rompicoglioni da generare dipendenza a mia madre con la quale va in giro da cinquantacinque anni, mandandosi al diavolo ogni due per tre, creando un modello affettivo che non vorrei mai replicare anche se a volte mi trovo a riprodurlo e vorrei prendermi a testate ogni volta che mi succede, ma poi penso che quei due sono nati durante la guerra e ora mio padre ha ottant’anni (e mia madre poco meno) e gli sono successe un sacco di cose, quei due avranno pure il diritto di fare il cazzo che gli pare senza la nostra approvazione di figlie sfinite dai continui battibecchi.
Io non aspetto altro, se mai ci arriverò.
Se dovessi paragonare mio padre a un vino, forse sarebbe un Taurasi, perché invecchiando perderà anche la polpa, evabbe’; ma il sale, la freschezza e il tannino rimangono lì, vigorosi; il Taurasi è un vino che invecchia in piedi, non ha bisogno del deambulatore.
Beh auguri vecchio Taurasi, leone rampante. Mentre cerco ancora una volta la tua approvazione, sei capace di cazziarmi ancora come se fossi una ragazzina, e come se fossi una ragazzina sai esattamente come consolarmi ogni volta che leggi qualche ombra nei miei occhi.

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